La Passione

1 commento su “La Passione”

  1. Davide Grittani
    Giornalista

    Un soldato romano fissa la conca di una vallata, ha appena deposto Gesù dalla croce, il suo pensiero è sospeso, tra chi non vede l’ora di tornare a casa dopo una giornata faticosa e chi ha intuito di aver appena cambiato la storia dell’umanità.
    A un soldato il compito di chiudere la fede dietro la porta del mondo, a un soldato il compito di chiudere la mostra di Alfonso delli Carri.
    Una fine che in realtà è l’autentico inizio del ciclo fotografico con cui l’artista foggiano ha descritto l’antica tradizione della via crucis di Barrea (Aq), un’immagine che anziché indurre al movimento spinge verso la riflessione, che sebbene vicina all’arrivo seduce alla partenza. Un viaggio a ritroso, che se compiuto dal soldato romano indietro (verso l’arrivo del Signore al Patibolo) aiuta a comprendere come delli Carri abbia scattato queste foto nella sua testa prima ancora che con la macchina. Un film, un breve lungometraggio, o se preferite un lungo cortometraggio, che ha trovato nella straordinaria somiglianza a Gesù del protagonista un puntuale alleato.
    Stupisce, infatti, in questa struggente serie di fotografie la fedeltà storica dei luoghi, in un Abruzzo che si fa Galilea e in un pianeta globalizzato che diviene all’improvviso minimale, povero. Perché povera fu la morte di Cristo, brullo il paesaggio in cui fu appeso ad attendere la morte, squallido il sentiero di pietre su cui fu fatto rotolare dopo la deposizione.
    E delli Carri, grazie al rigore del bianco e nero, sembra accorgersi a senso della presenza di povertà, sembra riconoscerla ad occhi chiusi (nelle foto non un balcone, non un’insegna, non un marciapiede: eppure la via crucis si svolge in un paese) come i cani abbaiano prima della pioggia e del terremoto.
    Non gli serve rincorrere l’essenzialità, perché già li, a portata di mano. Il problema è fotografarla, scegliere un volto non banale e non ostentato per poterla esporre in una mostra.
    Allora delli Carri sceglie il carrello del regista, davanti a cui fa scorrere tutto il coraggio, l’imbarazzo e la purezza degli interpreti di questa toccante via crucis: Ma l’invito non è “un sorriso per la stampa”, bensì “prego, qui si scrive la storia con inchiostro di pellicola”.

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